di Désirée Boco

Mi chiamo Désirée.

La disprassia, per quel che riguarda il linguaggio, potrebbe portare a non capire sempre i messaggi impliciti; ecco a voi la mia frase standard: “sii diretto!”

A volte può capitare di avere difficoltà nell’esprimere semplici concetti in modo impersonale e quindi si potrebbe, come nel mio caso, ricorrere alla prima persona, a gesticolare, oppure a metafore come gli esempi concreti.

Mi piacciono molto le frasi “sintesi” come: “si”, “no”, “tutto bene”, “ok”… Se non vengo stimolata a parlare o non mi vengono fatte domande divento taciturna.

A volte faccio fatica a capire l’ironia ma se viene spiegata la si può capire.

Ognuno di noi ha un suo linguaggio verbale e uno non verbale: l’abbraccio, nel mio caso, può significare affetto, vicinanza e stima. Tenere la mano significa comprensione e affetto.

Alcune parole per noi possono assumere un significato differente, perciò ho preso un piccolo blocco dove segno tutte queste parole; per questo può capitare di mal interpretare ciò che la persona vuole dire così ho iniziato a chiedere: “intendi ciò, giusto?”

Quello che mi mette più a disagio è quando ho il concetto in testa e non riesco proprio ad esprimerlo. Vi presento un po’ di aiutanti quando so cosa voglio dire ma non so come: ecco a voi il signor “diciamo” e le signore “tra virgolette”, nella lingua scritta.

Sapere cosa si vuol dire ma non riuscire ad esprimerlo a parole, può capitare in qualsiasi occasione anche quando non te l’aspetti… Come ad esempio durante le chat: la frase riparatoria, “ne parliamo al telefono”.

La prima volta che accadde fu improvvisamente mentre stavo ripassando per la verifica di spagnolo sui tipi di turismo. Avevo esattamente tutto in testa ma non riuscivo ad esprimerlo per iscritto. Panico totale: ero molto preparata e non volevo prendere un brutto voto; pensai di chiedere alla professoressa di farmi l’interrogazione orale. Fortunatamente la verifica aveva le parole da inserire e le risposte a scelta multipla.

E poi ci fu quella volta in cui vidi Vladimir Luxuria intervistata al programma “Vieni da me”. La sua storia, seppur diversa dalla mia, mi colpì moltissimo.

Decisi dunque di provare a scriverle una mail ma le parole non uscirono; le ho sentite racchiuse in un contenitore rosso simile ad un cuore riempito da lettere dell’alfabeto sparse in disordine. Decisi dunque di lasciare quella mail in sospeso, visto che le forti emozioni, come la tensione per l’esame di maturità, possono rendere difficile “l’uscita” delle parole.

Appena finita la maturità mi diedi qualche tempo dove ogni sera scrissi qualcosa. Riprovai a scrivere ciò che avrei desiderato ma niente da fare. Come avrei potuto aggirare questa difficoltà? L’unica soluzione possibile? Un incontro a tu per tu. Solamente che, essendo ipersensibile, potrei a causa della disprassia essere influenzata dagli ambienti: se mi trovo in un ambiente che non mi è familiare sono più esposta alle crisi di disprassia verbale. Prima avrei dovuto prendere confidenza con l’ambiente… Alla fine trovai una soluzione: un dialogo a tu per tu, capendo ciò che ci distingue e ciò che ci accomuna a prescindere dalle nostre caratteristiche ben diverse.

Sentii una frustrazione mista a rabbia e mista ad una domanda: “perché?”. Perché rendere ciò che è semplice complesso? Mi resi conto che fosse una situazione “complicata” in quanto avrei avuto bisogno di un “contatto”, ovvero di un “tramite “che forse non si ha sempre voglia di “cercare” perché ci sono delle volte dove vorresti essere autonoma, visto che fino a qualche istante prima a scuola stavi scrivendo un tema.

Stavo per arrendermi ma compresi che non bisogna sentirsi in colpa se si ha bisogno di aiuto: la parola aiuto non è un difetto né una colpa, in alcuni casi è fondamentale per aggirare una difficoltà!  Anche se proprio accettarlo potrebbe risultare difficile…

Ovviamente, del signor aiuto non bisogna abusarne né approfittarne. Una mail è sinonimo di libertà: libertà di risposta. Un appuntamento significa dover dare un tempo, un tempo che forse le persone molto impegnate non hanno.

La disprassia viene vista dagli esperti come un bisogno educativo speciale. E’ stato proprio per questo che sono riuscita ad aprire le porte al signor aiuto e a vedere questo dialogo come una diversa abilità. 

Lo so, lo so, a volte la disprassia può essere complicata perché le crisi possono essere improvvise: a volte ti sembra quasi di avere una bambina capricciosa che ti fa impazzire perché le cose devono essere fatte a modo suo. Questa amica nemica non deve diventare un impedimento nel compiere le azioni quotidiane ma dobbiamo invece imparare a conoscerla per poterci convivere sempre meglio… Sia per noi stessi che per gli altri.

Attorno a me ho avuto persone che mi hanno trovato diversa… Per quel che mi riguarda non posso “modificarmi a loro piacimento”: la disprassia non è una scelta, come le persone credono che sia.  Mi è capitato di aver dato il mio tempo alle persone sbagliate.  Ora ho persone che mi vogliono bene e mi accettano così come sono: quando sento che mi dicono “capisco”, mi fanno una gran tenerezza perché non capiranno mai cosa significa essere disprassici fino in fondo; pertanto apprezzo il loro sforzo nell’immaginare questo disturbo.

Ai genitori mi sento di consigliare di non vergognarsi per la diversità dei propri figli. Al contrario, dovete cercare di aiutarli e comprendere la loro diversità per poi trasformarla in quel valore chiamato unicità.

Agli insegnanti mi sento di dire: noi disprassici vorremmo avere degli insegnanti comprensivi ma allo stesso tempo severi. Quella severità mista a competenza e dolcezza senza insulti né bullismo da parte vostra! Lasciate una grande impronta in noi… Vorremmo avere degli insegnanti che restano allievi: le strategie che i vostri alunni utilizzano facendosi aiutare da psicologi dell’apprendimento sono degli aiutanti speciali che devono essere accettati senza far sentire l’allievo inferiore; non è pigro, è solamente sé stesso. Ai “piccoli uomini”, mi sento di ripetere con orgoglio: la disprassia non è una scelta e non è contagiosa.  L’ignoranza invece è proprio una scelta di quelle pericolose perché essendo contagiosa potrebbe aprire le porte al bullismo!