di Antonio papà di Edo 

Edoardo è un bambino che ama correre, lui dice che corre veloce come Flash! Edoardo è nato insieme a suo fratello Niccolò otto anni fa,  quando Alessandra, la loro mamma e la mia amata, finalmente poteva dire fine ad una gravidanza logorante culminata con un mese di ospedale. 

Oggi Edo e Nicco sono amici per la pelle oltre che fratelli gemelli.

Edo e Nicco hanno una sorella maggiore, Chiara, che racconta loro delle storie fantastiche e fantascientifiche da restare ad ascoltarla per ore a bocca aperta.

Un giorno quando Edo aveva tre anni la sua maestra della scuola materna ci consigliò una visita neuropsichiatrica per dei comportamenti sospetti. 

Quella mattina ci stava accadendo una delle più grandi fortune che ci potessero capitare ma di questo ne abbiamo avuto consapevolezza solo molto tempo dopo.

In effetti, anche noi avevamo notato dei momenti di difficoltà in Edoardo più frequenti di Niccolò ma, fino a quando qualcuno non ce ne aveva esplicitamente parlato, erano rimasti nei nostri retro pensieri.

Pochi giorni dopo abbiamo scoperto che Edo è disprassico.

Presto abbiamo scoperto che la disprassia, è un Disturbo della Coordinazione Motoria (DCM), diverso dai più conosciuti Disturbi Specifici dell’apprendimento (DSA) come la dislessia, disortografia, discalculia, ma similmente ad essi, è uno stato complesso ed eterogenee che, se non intercettato e gestito, influisce significativamente sulla qualità di vita del bambino minandone l’autonomia personale, gli apprendimenti scolastici e le relazioni sociali.

A quel punto avremmo potuto iniziare il tour dei santuari clinici in giro per il mondo alla ricerca della più moderna teoria sulla disprassia, ma da subito Alessandra ed io, che per lavoro e passione conosciamo i meccanismi della sanità, senza neanche dircelo, abbiamo pensato che un approccio clinico-sanitario non era quello che ci voleva per Edo.

Siccome le fortune, e non solo le cattive notizie, non vengono mai da sole, dopo pochi giorni dal colloquio con la maestra abbiamo conosciuto Manuela, la psicomotricista che ormai da sei anni settimanalmente segue Edo nel suo percorso di crescita.

È stata Manuela che per la prima volta ci ha parlato di disprassia. 

Ricordo uno dei primi incontri in tarda serata dopo il lavoro seduti stanchi sulle sedioline per bambini nella stanza delle attività del centro di psicoterapia; in quel periodo mi sentivo particolarmente spaesato dalla situazione: vedevo Edoardo che, si, mostrava segni di difficoltà specialmente nell’andare a scuola ma che non aveva le caratteristiche di un bambino malato. Ero spaventato dall’ignoto e dall’invisibile e molte cose che mi spiegava Manuela non mi restavano in mente e temevo di non cogliere la reale situazione: cosa diavolo aveva mio figlio? era grave o non aveva nulla di cui preoccuparsi? Manuela mi stava parlando di una di quelle pseudo malattie moderne o mi stava prospettando un futuro in salita per Edo e per la nostra famiglia?

Quando ad un certo punto ho ripetuto dentro di me quanto ci stava dicendo Manuela: mio figlio ha la disprassia. Il dare un nome a qualcosa che fino a quel momento era tutto e nulla allo stesso tempo è stata una vera liberazione. Quello che mi stava dicendo Manuela era che mio figlio aveva qualcosa con un nome ben preciso, un nome che non avevo mai sentito fino ad allora ma da cui partire e da quel nome è iniziato il mio percorso.

Quando ho iniziato la mia ricerca sulla disprassia, la maggior parte degli articoli in cui mi imbattevo enfatizzavano l’aspetto della goffaggine, dell’incapacità di eseguire in maniera fluida delle semplici azioni, e questo aspetto è rimasto radicato nella descrizione della disprassia.

Si, Edo da quando ha iniziato a tenere in mano una matita, un colore o un pennarello, ha sempre avuto grosse difficoltà che gli hanno creato anche problemi nel confrontarsi con i suoi compagni su questa abilità  ma vediamo che con tanta pazienza ed esercitazione, oltre che a tanta buona volontà da parte delle insegnanti a scuola, la sua capacità a scrivere e disegnare sta notevolmente migliorando. 

Altri bambini disprassici hanno difficoltà a scendere le scale,  ad andare in bicicletta, a non sbattere a destra e sinistra e cose di questo genere,  ma col tempo diventano cose che in qualche modo imparano  a gestire. Come genitori possiamo tendere a diventare ossessivi nel valutare alcuni momenti di crescita topici come allacciarsi le scarpe o imparare ad andare in bicicletta, come se queste cose ci dessero la misura delle competenze di vita acquisite dai nostri figli. 

In realtà da adulti impariamo che nella vita più che queste capacità sono essenziali le competenze organizzative, il rispetto degli orari, il pensiero veloce, lo star bene con gli altri o la corretta percezione delle cose e delle situazioni, soprattutto in un mondo sempre più competitivo come quello di oggi.

Per una persona con la disprassia queste sono le vere abilità che richiedono un grande sforzo e una grande energia per poter essere gestite, e sono comunque sempre svolte con meno appropriatezza rispetto alle persone non disprassiche.

Le persone disprassiche devono continuamente esercitarsi “nel fare” e “nell’essere” se vogliono raggiungere un livello accettabile. Le cose nuove che imparano a fare non sono assorbite e replicate facilmente come per i loro coetanei. La vita è un sacrificio continuo e i bambini hanno bisogno di un supporto lungo e ripetuto nel tempo e di essere capiti per crescere ragazzi con una buona fiducia in se e adulti competenti.

Ad oggi quello che realmente manca è proprio questo supporto e questo capacità di capire questi bambini e ciò mette gli adulti in difficoltà nel trovare e mantenere una buona relazione con loro perché loro stessi non sono stati formati nell’acquisire le competenze e la fiducia in se per farlo.

I bambini disprassici troppo spesso si trovano difronte ad esercizi per loro irrisolvibili e a non essere in grado di aver successo nelle cose che fanno; questo danneggia la loro autostima rendendogli la vita frustrante e spietata.

Insomma una condizione  che è al contempo tenue e complessa nelle sue manifestazioni e nei suoi impatti.

Così, tornando alla nostra storia, piano piano ci  siamo addentrati in questo mondo per noi fino ad allora sconosciuto. A lungo la sensazione è stata quella di equilibrio instabile su molteplici aspetti legati a cosa significa vivere con la disprassia: Edoardo è malato o la disprassia è una caratteristica personale? Edo da grande potrà avere una vita come tutti gli altri o avrà bisogno di supporti continui durante la sua vita? 

Potrà aspirare a realizzare i suoi sogni o dovrà sempre accontentarsi?

Verrà accettato dai suoi coetanei e riuscirà ad interagire con loro? 

Avrà la possibilità di riconoscere, rafforzare e seguire i suoi talenti come tutti gli altri bambini?

La comunità scientifica oggi sa davvero poco di disprassia ed in Italia ahimè mi sembra che siamo particolarmente indietro… non ho trovato uno studio Italiano che ne descrive l’epidemiologia.

Studi stranieri dicono che circa 6-10 bambini ogni 100 in età scolastica ne è caratterizzato, più frequentemente si presenta nei maschietti e meno nelle bambine e spesso il bambino disprassico ha anche DSA o ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività).

Probabilmente in passato molti bambini che venivano considerati, svogliati, non portati per lo studio o con un brutto carattere erano disprassici solo che ancora non si conosceva la disprassia.

Ancora oggi ai centri psicoterapeutici purtroppo  arrivano adolescenti con gravi diagnosi e con un quadro comportamentale notevolmente compromesso  ma che poi si rivelano casi di disprassia mai diagnosticata e quindi non gestiti nel tempo ne in famiglia ne a scuola in cui il bambino ha instaurato crescenti atteggiamenti oppositivi e di chiusura.

La scuola… nonostante i grandi progressi degli ultimi anni specie in ambito DSA/ADHD non è ancora preparata ne tantomeno strutturata per dare spazio a metodi e strumenti di apprendimento che si discostano da quelli efficaci nella maggioranza degli scolari. Edo ha avuto la fortuna di conoscere Katia, l’insegnante di sostegno che da un paio d’anni lo segue e che con estrema dedizione, amore e pazienza lo ha preso in carico, supplendo con la sua buona volontà a quanto il sistema scuola non è in grado di mettere a disposizione.

Anche da un punto di vista legislativo è ancora da realizzare in Italia una normativa efficace specifica di tutela dei bambini disprassici che favorisca l’implementazione di metodologie e strumenti necessari  affinchè si possa dare spazio al vero potenziale in base alle peculiarità di ogni bambino.

Ho il privilegio di vivere con Edoardo e da 6 anni sto conoscendo la disprassia nelle sue diverse forme, e posso dire che i bambini disprassici non sono bambini che hanno bisogno di compassione, non sono degli eroi o necessariamente delle persone in grado di ispirare gli altri…. 

Ma sono comunque persone ECCEZIONALI perché nonostante vivano in un mondo spesso confuso ed instabile, si alzano ogni giorno e ci riprovano.

 È responsabilità di ciascuno di noi realizzare quei ragionevoli aggiustamenti per permettere loro di dimostrare le loro rimarchevoli qualità. 

È responsabilità di noi quali membri di una Società Civile diminuire l’impatto della disabilità guardando ogni singolo individuo per le uniche e valorose qualità che possiede.

“La DIVERSITA’ e l’INCLUSIONE rendono le cose migliori.

Sto cercando persone con cui realizzare insieme quei ragionevoli aggiustamenti che consentano ai bambini disprassici di poter dimostrare le loro innumerevoli qualità e contribuire ad un mondo in cui le diversità e l’inclusione sono dalla parte della soluzione e non dalla parte del problema!”

Ho in mente di realizzare un modello di impresa sociale che consenta alle persone con Disturbi della Coordinazione Motoria di scoprire ed esercitare i loro innumerevoli talenti che il sistema sociale in cui viviamo non consente di esprimere.

Speriamo che me la cavo!